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“Rapito in Iraq”, mons. Saad Sirop racconta la fede di un prete a Baghdad

Attraverso la sua personale storia di sofferenza, mons. Saad Sirop spiega in un libro cosa significhi vivere davvero il cristianesimo oggi in Iraq

Eugenio Murrali - Città del Vaticano

Il 15 agosto 2006, dopo aver celebrato la Messa, mons. Saad Sirop Hanna è stato rapito vicino a Baghdad da un gruppo terroristico collegato ad al-Qaeda. Per 28 giorni è rimasto nelle mani dei suoi rapitori, che lo hanno minacciato, torturato e hanno cercato di fargli rinnegare la sua fede. Solo a distanza di oltre dieci anni riesce a raccogliere la sua esperienza in un libro: Abducted in IraqA priest in Baghdad

Una riflessione sulle Chiese Orientali

“L’evento di oggi ci offre un’occasione unica per manifestare la nostra solidarietà ai cristiani che soffrono a causa della guerra, delle persecuzioni e delle tante forme di discriminazione” ha precisato Nuno da Silva Gonçalves, rettore della Pontificia Università Gregoriana. La presentazione del libro, organizzata dalla facoltà di Filosofia, dove l’autore ha conseguito il dottorato, è stata infatti anche un’opportunità per riflettere sulle difficoltà e le sfide dei cristiani orientali, sulla cui situazione si è soffermato mons. Vasil’ Cyril, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali : “Mentre nei decenni passati c’era una trasfusione, cioè una migrazione lenta che permetteva la costruzione di comunità nuove di cristiani orientali nelle chiese occidentali, ma non indeboliva il corpo ecclesiale nelle terre d’origine, negli ultimi anni siamo di fronte a un fenomeno di emigrazione che ha le caratteristiche dell’emorragia e può portare a un dissanguamento delle comunità locali”. Il presule utilizza l’immagine di un blocco di ghiaccio che viene spezzato e sparpagliato per il mondo e si domanda quale futuro ci sia, specialmente per le seconde generazioni di cristiani orientali emigrati. D’altra parte, però, gli spostamenti di massa di fedeli dall’Oriente in Occidente può essere un monito per la nostra società secolarizzata, spiega mons. Vasil Cyril.

Il libro e l’esperienza vissuta dall’autore

Delle difficoltà che stanno vivendo le chiese orientali, quella cattolica Caldea e non solo, mons. Saad Sirop è testimone esemplare: “Il libro è la mia storia personale – afferma il vescovo – ma credo rifletta la storia collettiva di una parte del popolo iracheno”. Una storia particolare di sofferenza che rappresenta le pressioni vissute dai cristiani ogni giorni. Secondo l’autore quel ghiaccio rotto di cui parla mons. Cyril può anche essere uno specchio spezzato, i cui frammenti sparsi nel mondo possono riflettere l’immagine della Chiesa Orientale, mostrare la sua identità. Il libro vuole descrivere l’esperienza di un prete – l’autore appunto – che ha vissuto la fede e ha scoperto che è più complessa di un’espressione dogmatica, quando bisogna viverla sulla propria pelle, per trovare Cristo sempre vivo nel proprio cuore. 

Una Chiesa di diaspora

Nel libro oltre all’esperienza vissuta da mons. Saad Sirop Hanna, si trovano anche informazioni. Viene, ad esempio, spiegato come sono visti i cristiani dagli altri, in particolare dall’Islam. Nelle intenzioni dell’autore la sua opera vuole aprire anche alla speranza, perché i cristiani orientali possano continuare a vivere la loro fede. Una Chiesa di diaspora, secondo l’autore, può essere una Chiesa creativa, che produce bellissime pagine di cristianesimo.
Il racconto del presule, sollecitato dalle domande dei presenti, si è soffermato anche su alcuni particolari del sequestro: la paura di dire le parole giuste per spiegare ai suoi rapitori perché non avrebbe rinnegato la sua fede cristiana. In un’occasione mons. Hanna ha citato anche il Corano, secondo cui non c’è fede nella costrizione. Tuttavia, per il vescovo, è stato più doloroso ancora dover raccogliere in quella zona i cadaveri dei cristiani, per poter dare loro una degna sepoltura.

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22 marzo 2018, 12:28