Riccardi e i 50 anni di Sant’Egidio: non alzare muri, per un mondo migliore
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
I festeggiamenti a Roma per i 50 anni della Comunità di Sant’Egidio, nata nel febbraio del 1968 da un gruppo di studenti liceali romani guidati da Andrea Riccardi, iniziano sabato, 10 febbraio, alle 17.30 con una celebrazione eucaristica nella basilica di San Giovanni in Laterano, presieduta dal cardinale segretario di stato vaticano, Pietro Parolin. Saranno idealmente presenti i 60 mila membri della comunità sparsi in tutto il mondo, e fisicamente i romani di ogni età, provenienti da tutti i quartieri, insieme ai poveri che ne fanno parte e a tanti amici che ne accompagnano il cammino, tra cui vescovi da ogni continente. Ecco un estratto dell’intervista video concessa a Pope da Andrea Riccardi.
D - Professor Andrea Riccardi, 50 anni fa lei e i suoi compagni del Liceo Virgilio volevate cambiare il mondo. E oggi, cosa vogliono i 60 mila di Sant’Egidio?
R - Oggi è cambiato lo scenario, dal locale al globale, e lo scenario globale incute una grande paura: il terrorismo, i migranti… Sant’Egidio dice che oggi non bisogna aver paura , alzare muri. Che si può fare qualcosa per gli altri, si può rendere migliore questo mondo, e che la fede che cresce nell’ascolto della Parola di Dio fa lievitare la speranza.
D - Sant’Egidio, la comunità “delle tre P”: preghiera, poveri e pace. Così vi ha ribattezzato Papa Francesco che vi conosce dai tempi di Buenos Aires. La preghiera, da Santa Maria in Trastevere allo “spirito di Assisi” è sempre il cuore della comunità?
R - Sì, perché la comunità è cresciuta ascoltando la Parola di Dio, e questa resta il cuore perché altrimenti il cristianesimo è ideologia o morale. E la Parola è lampada sui nostri passi per leggere i segni dei tempi nella storia.
D - Poveri: nel 1968 i bambini del cinodromo che abbandonano la scuola, nel 2018 i profughi dei corridoi umanitari. La parola chiave è sempre amicizia, tra i vecchi e nuovi cittadini e tra le generazioni?
R - Bisogna parlare con i poveri, bisogna integrare i poveri nella comunità, perché non sono da assistere ma da integrare. Quindi l’amicizia, il dialogo, è il primo passo per l’integrazione.
D - Cinquant’anni e migliaia di storie, volti e persone...
R - Sant’Egidio è fatta dal lavoro di tanti che donano il proprio tempo per rammendare il tessuto del mondo o delle nostre città sfilacciato. E’ un piccolo lavoro di ogni giorno ma alla fine questa è la pace.
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