Gallagher: la diplomazia della Santa Sede "ospedale da campo" in mezzo a battaglie
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Risoluzione dei conflitti - dall’Ucraina al Medio Oriente, dal Caucaso al Myanmar, dall’Etiopia allo Yemen - e costruzione della pace; promozione e tutela dei diritti umani; libertà religiosa; cura della casa comune; contrasto della «cultura dello scarto»; migrazioni; accesso all'assistenza sanitaria. E ancora: difesa di politiche economiche giuste; lotta alla tratta umana; promozione della fratellanza e del multilateralismo. Come «un ospedale da campo in mezzo a una battaglia», la Santa Sede è «parte integrante» del dibattito sulle tensioni che la comunità internazionale deve affrontare e sulle attività che si svolgono nello scacchiere globale, esercitando un «soft power» che consente di «ottenere risultati che anche le autorità globali più dominanti spesso faticano a raggiungere da sole». L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, illustra nel dettaglio vocazione e natura, strumenti e rapporti, attività e modalità di azione della millenaria diplomazia vaticana attualmente impegnata in relazioni con 184 Paesi e con gran parte delle istituzioni che rappresentano la governance globale. Lo fa in una lunga lectio magistralis alla Università Cattolica di Lublino (KUL) sul tema “La diplomazia della Santa Sede nel mondo contemporaneo†in occasione dell’incontro organizzato per oggi, 12 novembre, dal Centro per lo Studio della Diplomazia del medesimo Ateneo.
Dialogo, umiltà, processi di pace
Anzitutto Gallagher delinea l’attuale situazione dell’attività diplomatica della Santa Sede a partire dalla storia, quindi ai decenni di lavoro dedicati a «costruire ponti, cercare il dialogo con tutti, usare umiltà e pazienza al massimo per sciogliere nodi apparentemente inestricabili, sforzarsi di ricucire i più tenui segni di buona volontà delle parti in conflitto per avviare processi di pace». Quella pontificia è una «diplomazia della misericordia», intesa come «autentico impegno politico di solidarietà, in vista della promozione del bene comune». Non un obiettivo astratto, ma la realizzazione di azioni concrete quali la cancellazione dei debiti esteri e la promozione di politiche di cooperazione e sviluppo o la valorizzazione della dignità della persona umana, «anche di fronte a gravi crimini» come la pena di morte.
Il Papa, il primo diplomatico
Agli studenti della KUL, Gallagher ha poi spiegato nel dettaglio struttura e attori della diplomazia papale, quindi la funzione delle Nunziature Apostoliche, presenza del Papa in contesti con culture e tradizioni religiose differenti, o il ruolo dei Delegati apostolici come rappresentanti stabili presso le Chiese locali quando non sono state stabilite relazioni diplomatiche. Questa rete «vasta e ben definita» è guidata dalla Segreteria di Stato, ha spiegato l’arcivescovo, ma «il primo diplomatico è proprio il Papa».
Il pontificato di Giovanni Paolo II e «le questioni riguardanti l'Europa orientale» lo hanno dimostrato ampiamente, ma anche oggi è evidente «l’impatto che Papa Francesco ha sulla scena internazionale». A lui «il mondo si rivolge» e «sono le sue parole e le sue azioni che ispirano e animano l’attività diplomatica della Santa Sede», ha evidenziato il rappresentante vaticano. Attraverso esortazioni e preghiere, incontri ed encicliche, e soprattutto con i viaggi in ogni angolo del globo, «il Papa esercita instancabilmente la sua autorità morale», «affronta situazioni di ingiustizia, raggiunge persone abbandonate, mette in guardia da pratiche dannose che mettono a rischio il nostro mondo e il nostro futuro». In questa missione il Papa non è solo ma si avvale di varie istituzioni della Chiesa cattolica e, in alcuni casi, di inviati speciali come il cardinale Matteo Zuppi per la guerra in Ucraina. A volte sono gli stessi vescovi locali a impegnarsi «nel dialogo e nei negoziati con i leader locali» e in campo c’è sempre il Nunzio che ha «la responsabilità» di mantenere i rapporti con le Chiese locali e le varie componenti del Governo.
Sforzi per la risoluzione dei conflitti
Il focus dell’intervento dell'arcivescovo si è quindi spostato sugli scenari attuali di guerre ma anche di sfide e politiche sociali nei quali si articola il lavoro della diplomazia papale, portato avanti lontano da cronache e riflettori. Anzitutto la Sede Apostolica è attiva per la risoluzione dei conflitti: Ucraina, Medio Oriente, Africa, Caucaso, in ogni scenario la Santa Sede agisce «super partes», «interviene per sostenere un'idea di pace che sia frutto di rapporti giusti, del rispetto delle norme internazionali e della tutela dei diritti umani fondamentali». Soprattutto, ha affermato Gallagher, «la Santa Sede è attiva sul piano umanitario per sostenere, ad esempio, gli sforzi volti a rinnovare la vita sociale in luoghi remoti e spesso dimenticati, o per facilitare il ricongiungimento familiare dei minori e lo scambio di prigionieri, feriti e salme dei caduti tra Russia e Ucraina». Mai la Santa Sede «cessa di ribadire che il principio di umanità» non può e non deve essere «compromesso in nome delle esigenze militari, colpendo indiscriminatamente la popolazione civile», ha rimarcato il presule. Da qui nasce il pro-attivismo in dibattiti e negoziati internazionali sul disarmo.
Diritto alla vita
Altro campo d’azione è la promozione e tutela dei diritti umani, quindi «il diritto alla vita e l’inviolabilità di ogni persona», la difesa della «santità della vita umana dal concepimento alla morte naturale». «Difendendo questi diritti, la Santa Sede non solo stabilisce uno standard morale, ma innesca anche dibattiti vitali sulla scena globale», ha detto monsignor Gallagher, criticando i Paesi o blocchi di Paesi che «cercano di imporre una visione dei diritti umani, della natura e della dignità che non corrisponde agli insegnamenti della Chiesa». «Sfortunatamente, in alcuni casi, la fornitura di aiuti umanitari internazionali e finanziamenti per lo sviluppo sono condizionati dalla volontà di un Paese di adottare queste ideologie», ha detto il presule.
Sulla stessa scia, ha voluto porre in evidenza lo sforzo costante per un’adeguata assistenza sanitaria per tutti, sottolineando che questo non esclude, tuttavia, il rifiuto di «alcuni concetti controversi, come i diritti alla salute sessuale e riproduttiva, nella misura in cui si sono evoluti in un'agenda globale ideologica, incluso il cosiddetto “diritto all'aborto†che sfida esplicitamente gli standard morali e legali».
Libertà religiosa
Gallagher ha poi parlato di libertà religiosa, ricordando il contributo di uno dei più illustri professori dell’Università di Lublino, Giovanni Paolo II. Nell’epoca del Papa polacco ma anche ai giorni nostri, la religione è «strumentalizzata per alimentare controversie politiche», e questo ha portato a forme «crudeli» di discriminazione, violenza, guerra. In risposta a queste sfide, la Santa Sede sottolinea sempre l’importanza di «riconoscere la dimensione pubblica della libertà religiosa, rispettando anche la legittima autonomia e la laicità dello Stato, costruite su un sano dialogo tra lo Stato e le comunità religiose, che non sono rivali ma partner».
Casa comune, cultura dello scarto, IA, migranti
Da qui ancora un elenco degli altri ambiti in quali agisce la diplomazia pontificia e sui quali è forte l’accento del magistero di Francesco: la cura della casa comune, la lotta alla «cultura dello scarto» che «sminuisce la dignità umana valorizzando gli individui esclusivamente in base alla loro utilità», l’impatto dei progressi tecnologici e della globalizzazione sulla forza lavoro e il timore per l’intelligenza artificiale che, «se non adeguatamente contestualizzata e regolamentata, potrebbe avere gravi implicazioni etiche e conseguenze per l’umanità».
Non è mancato poi il riferimento alle migrazioni per cui Gallagher ha ribadito l’impegno di Santa Sede e Chiesa cattolica nella ricerca di soluzioni adeguate per un fenomeno che - secondo statistiche recenti - colpisce quasi 120 milioni persone in fuga da persecuzioni, conflitti e povertà. In quest’ottica, ha sottolineato il presule, la Santa Sede difende politiche economiche giuste e mette in campo tutti gli sforzi per sradicare la povertà e cerca di promuovere la fratellanza umana quale antidoto alla «globalizzazione dell'indifferenza».
La "piaga tossica" della tratta umana
Forte è poi l’opera della Santa Sede per combattere la tratta di esseri umani e le altre forme di schiavitù moderna. «Papa Francesco – ha detto Gallagher - è universalmente riconosciuto come una delle principali voci morali nella lotta contro la tratta». Più di una volta il Papa ha alzato la voce in difesa di persone «ingannate, aggredite, spesso vendute più volte per scopi diversi e, alla fine, uccise o, in ogni caso, danneggiate fisicamente e mentalmente». Per combattere efficacemente questa «piaga tossica», la Santa Sede esorta i governi «a bloccarne gli affluenti e ad affrontarne le cause profonde, come la povertà estrema, la corruzione, le ingiustizie e l’esclusione in campo economico».
Essere segno di speranza
Insomma, ha concluso Paul Richard Gallagher, di fronte a un panorama desolante che il Papa non ha mancato di definire una «terza guerra mondiale a pezzi», la Santa Sede e le strutture della diplomazia sono unite nel compito di «essere un segno di speranza». In questa prospettiva, la diplomazia pontificia «diventa uno strumento al servizio della convivenza umana e una voce che riafferma in ogni possibile occasione la comune aspirazione alla stabilità, alla sicurezza e alla pace».
Accordi e concordati
Ancora nella lectio il segretario per i Rapporti con gli Stati ha voluto offrire chiarimenti circa la diplomazia bilaterale mantenuta dalla Santa Sede con diversi Paesi attraverso concordati o accordi, «fondamentali, da un lato, per difendere le Chiese locali da ogni indebita ingerenza dello Stato nelle questioni ecclesiali e, dall’altro, per impegnarsi con gli Stati su questioni di interesse comune, al fine di assicurare un'efficace cooperazione in ambito sociale e religioso». A questo proposito Gallagher ha ricordato anche le intese siglate - quale segno di «attenzione particolare alle esigenze delle Chiese locali» - con Paesi con cui non ci sono ancora relazioni diplomatiche «complete». L’esempio più lampante è l’Accordo provvisorio con la Repubblica Popolare Cinese per la nomina dei Vescovi, prorogato per un quadriennio, come pure l’Accordo sullo status del rappresentante pontificio residente in Vietnam.
"Soft power"
Oltre a questo la Santa Sede sin dal 1949, da quando, cioè, si è accreditata come osservatore permanente presso la FAO, «ha progressivamente intensificato il suo impegno e il suo contributo all’intera famiglia delle Nazioni, attraverso la partecipazione a numerose organizzazioni internazionali» come osservatore o membro a pieno titolo. Tale partecipazione permette di «agire principalmente come forza di leadership etica» e «supera lo statecraft convenzionale», garantendo l’«indipendenza da alleanze e blocchi politici» e favorendo, invece, cooperazione e mediazione. È per questo motivo che, ha sottolineato Gallagher, la Santa Sede può svolgere «il ruolo di mediatore affidabile, fondamentale per affrontare i conflitti e promuovere il dialogo sulle questioni globali». Può, cioè, «costruire ponti laddove altri potrebbero vedere solo divisioni insormontabili».
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