L'ambasciatore di Ungheria: il Papa troverà nel mio Paese un'accoglienza calorosa
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Dal 28 al 30 aprile si terrà il viaggio apostolico di Papa Francesco in Ungheria. Non è la prima volta, Francesco infatti si è già recato a Budapest due anni fa per celebrare la Messa conclusiva del Congresso Eucaristico Internazionale ospitato appunto in Ungheria. Ma questa volta la visita sarà di tre giorni e ai momenti di incontro con le varie componenti della comunità ecclesiale locale, vedrà le autorità del Paese a cominciare dalla presidente Katalin Éva Novák e dal primo ministro Viktor Orbán.
L'ambasciatore: attendiamo il Papa con grande gioia
L'Ungheria ama molto il Papa e lo attende con grande entusiasmo, afferma a Pope, l'ambasciatore presso la Santa Sede Eduard Habsburg-Lothringen che commenta alcuni appuntamenti in programma, dice che la fede cristiana conta molto per gli ungheresi e si augura che questo viaggio offra a Francesco l'opportunità per conoscere più profondamente il loro animo e quello della nazione:
Ambasciatore Habsburg, il 12 settembre 2021 Papa Francesco si è recato in Ungheria fermandosi per poche ore a Budapest in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale. La visita ha avuto dunque un carattere eminentemente ecclesiale. Quella che farà a fine aprile sarà invece una visita all'Ungheria. Insomma, avete desiderato che tornasse e che si fermasse un po’ di più, questa volta…
Prima di tutto vorrei dire che il Papa ha corretto anche noi, perché sull’aereo tornando dall’Ungheria ci ha detto che quello non era stato il suo primo incontro con la comunità ungherese, l'aveva già incontrata nel 2019 in Romania, al nostro santuario mariano di Csíksomlyó (in rumeno Șumuleu Ciuc, ndr), dove circa 100/150mila ungheresi erano presenti alla Messa con lui. Allora il Papa ha detto: “Questa è già la seconda volta che vi incontro!”. Per noi quelle 7 ore passate a Budapest sono state incredibili, hanno fatto una grandissima differenza. Il Papa ha dato un incoraggiamento nella fede agli ungheresi fortissimo che ha lasciato tracce nella vita quotidiana dell'Ungheria di oggi. Questa volta avrà più tempo. Dal mio primo incontro con lui ho ricavato l’impressione che al Papa piacciono gli ungheresi. Mi ha dato un'impressione positiva dei suoi incontri con gli ungheresi in Argentina e mi ha detto che sono persone diritte, coraggiose, buone. Io penso il Papa sia curioso di incontrare ancora più persone dell’Ungheria, di capire meglio il nostro Paese e da dove vengono i nostri valori. E naturalmente la prima giornata avrà anche uno spazio ampio per incontrare i nostri politici e la nostra presidente, il primo ministro e gli altri rappresentanti. Ci sarà anche un incontro grande con la gioventù nello stadio, avrà un incontro con gli emarginati, con i poveri e con i profughi dell’Ucraina. Sabato mattina celebrerà una grande Messa conclusiva e io mi aspetto tantissimi, tantissimi ungheresi presenti. Mi aspetto tre giorni magnifici insieme con Papa Francesco che è molto amato in Ungheria.
L'Ungheria ha alle spalle oltre mille anni di storia di cristianesimo, c'è stato poi il periodo sovietico in cui la Chiesa è stata repressa. Come definirebbe oggi il suo Paese dal punto di vista della fede cristiana?
L'Ungheria ama chiamarsi un Paese cristiano. È un'espressione che è un po’ fuori moda in alcuni Paesi in Europa. Ma l'Ungheria dà spazio alla fede cristiana nel settore pubblico, le chiese e la fede cristiana sono visibili così come le altre religioni: per esempio abbiamo una forte e vivace presenza ebraica, e io direi che la fede è una cosa ‘normale’ sia nella vita quotidiana sia anche nella politica ungherese. Io penso che il Papa incontrerà un Paese fortemente cristiano, con tutte le debolezze che il secolarismo, i media moderni, la vita moderna portano con sé, ma comunque incontrerà una forte presenza cristiana.
“Cristo è il nostro futuro” è il motto del viaggio di Francesco in Ungheria. Il logo, con il Ponte delle Catene di Budapest, rievoca il pensiero, più volte richiamato da Francesco, sull'importanza di costruire ponti. Quali ponti l'Ungheria sente di poter contribuire a costruire in Europa e nel mondo?
Ho l'impressione che attualmente il ponte più importante che l'Ungheria sta costruendo è il ponte della pace. L'Ungheria ha un forte desiderio di impegnarsi per la pace nella situazione terribile in Ucraina. Noi ci vediamo anche costruttori di ponti verso i Paesi nei quali i cristiani sono in situazioni difficili: l'Ungheria da alcuni anni si impegna per cristiani in tutto il mondo, soprattutto nel Medio Oriente, in Nigeria, in Paesi dell'Africa, in Pakistan, per aiutare i cristiani che sono sotto persecuzione. Questo è un ponte molto forte che noi cerchiamo di fare e, infine, come Paese al centro dell’Europa ci vediamo naturalmente un ponte fra l'Est e l'Ovest europeo perché noi abbiamo sempre un orecchio in ambedue le direzioni e proviamo a tenere insieme queste due culture un po’ diverse.
Lei ha già accennato al programma del viaggio del Papa. Vorrei sottolinearne alcuni. La mattina del secondo giorno sarà dedicata a due momenti particolari, il primo prevede la visita ai bambini non vedenti di un istituto. Perché questa scelta?
Io vedo tre ragioni: il primo motivo è che l'Ungheria si impegna molto per la famiglia e anche per i bambini. Il secondo è che in questo istituto ci sono anche dei bambini Rom e vogliamo mostrare le possibilità, le pari opportunità, anche per i bambini Rom che si cerca di offrire. E il terzo motivo è che il tema centrale e fondamentale di questa visita - si diceva appunto ‘ponti verso il futuro’ - è la gioventù. Ci sarà quest’anno anche la Giornata mondiale della gioventù, allora abbiamo deciso di fare il primo incontro con i bambini che fanno parte della gioventù.
Il secondo appuntamento di quella mattina sarà invece con i poveri e i rifugiati nella Chiesa di Santa Elisabetta d'Ungheria. Il Papa ha parlato spesso della necessità di accogliere chi è costretto a fuggire dalla propria terra. Come sta affrontando l'Ungheria questa realtà in riferimento ai rifugiati ucraini e non solo?
Prima di tutto vorrei dire che Santa Elisabetta d’Ungheria è la Santa che mostra per eccellenza l’amore per i poveri. Sappiamo che lei è nata in Ungheria, poi ha vissuto in Turingia e che portava il pane ai poveri, per questo è stata scelta questa chiesa come simbolo. Il Papa incontrerà lì i poveri, gli emarginati, i rappresentanti di tutte le istituzioni e i servizi di aiuto ecclesiali e religiosi attivi nel nostro Paese e anche un folto gruppo di profughi dall'Ucraina. Lei sa che l'Ungheria ha accolto un milione di profughi ucraini - e di questi almeno in 30mila hanno deciso di rimanere nel nostro Paese - e qui hanno ricevuto la possibilità di frequentare la scuola, di trovare posti di lavoro. Noi abbiamo incoraggiato gli imprenditori a dare lavoro a questi profughi, perché l'Ungheria è sempre aperta ai profughi e soprattutto a quelli che arrivano dal Paese che ci è vicinissimo, dall'Ucraina, che fuggono da una guerra. E infatti alla frontiera fra l'Ungheria e l'Ucraina si trovano tutti questi servizi di aiuto delle diverse Chiese, delle diverse comunità religiose che accolgono i profughi - che vengono ancora in grande numero - e loro possono decidere se vogliono trasferirsi da un’altra parte o rimanere in Ungheria. Allora il Papa vedrà una parte di questa realtà quando andrà alla chiesa di Santa Elisabetta, sabato mattina.
Quali sono le speranze e le attese per questa visita di Papa Francesco e come ci si sta preparando in Ungheria?
Diciamo che abbiamo già una certa “routine” nell’accogliere il Papa, dato che è già la seconda volta che viene. Ci stiamo preparando insieme con la Santa Sede e abbiamo avuto la seconda visita per preparare i dettagli degli eventi di questi tre giorni. Quali sono le nostre aspettative? Che il Papa accenda di nuovo il fuoco della fede in Ungheria. Io penso che incontrare il Santo Padre sarà una fortissima esperienza per noi. Questo prima di tutto, e poi spero che il Papa veramente potrà incontrare l'Ungheria con tutta la sua anima, con il suo cibo… Personalmente mi auguro che avrà il tempo di bere un buon bicchiere di Tokaji, perché quando ho incontrato il Papa la prima volta per le mie credenziali, lui mi ha detto: “Io so cos'è il simbolo più sacro dell'Ungheria”. Io mi aspettavo la corona di Santo Stefano, invece lui, scherzando, ha detto: “No, il Tokaji”. E poi spero naturalmente che il Papa e i nostri leader avranno il tempo di parlare di quei tanti temi che ci vedono vicini, dove forse possiamo fare qualcosa insieme.
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