Ep. 326 - Papale papale - "Timore"
Paolo VI,
L’uomo moderno, che si è meravigliosamente sviluppato, subisce la tremenda tentazione di dimenticare, di negare questa nostra futura realtà, e così si fa fatalmente profeta della morte. Chiudendo dentro il modo presente di vivere, nella sola esperienza del tempo, il suo destino, egli perde il vero senso dei valori stessi del tempo: si esalta di essi, come fossero i soli e i definitivi; e poi si rassegna o si dispera, perché li scopre effimeri e fugaci, e non vede più a che cosa essi devono finalmente servire.
Fratelli, conserviamo la nostra certezza nella vita futura, e mettiamola in azione nella vita presente. Sì; allora il timore di Dio diventa il principio della nostra saggezza.
Francesco,
Non significa avere paura di Dio: sappiamo bene che Dio è Padre, e che ci ama e vuole la nostra salvezza, e sempre perdona, sempre; per cui non c’è motivo di avere paura di Lui! Il timore di Dio, invece, è il dono dello Spirito che ci ricorda quanto siamo piccoli di fronte a Dio e al suo amore e che il nostro bene sta nell’abbandonarci con umiltà, con rispetto e fiducia nelle sue mani. Questo è il timore di Dio: l’abbandono nella bontà del nostro Padre che ci vuole tanto bene.
Quando lo Spirito Santo prende dimora nel nostro cuore, ci infonde consolazione e pace, e ci porta a sentirci così come siamo, cioè piccoli, con quell’atteggiamento - tanto raccomandato da Gesù nel Vangelo - di chi ripone tutte le sue preoccupazioni e le sue attese in Dio e si sente avvolto e sostenuto dal suo calore e dalla sua protezione, proprio come un bambino con il suo papà! Questo fa lo Spirito Santo nei nostri cuori: ci fa sentire come bambini nelle braccia del nostro papà. In questo senso, allora, comprendiamo bene come il timore di Dio venga ad assumere in noi la forma della docilità, della riconoscenza e della lode, ricolmando il nostro cuore di speranza.
Giovanni XXIII,
Onorare la verità. È invito ad essere di esempio luminoso in tutti i settori della vita individuale, familiare, professionale e sociale. La verità ci rende liberi; essa nobilita chi la professa apertamente e senza rispetti umani. Perchè adunque aver timore di onorarla e di farla rispettare? Perchè scendere ad accomodamenti con la propria coscienza, accettando compromessi stridenti con la vita e la pratica cristiana, quando invece solo chi ha la verità dovrebbe essere convinto di avere con sé la luce, che dissipa ogni tenebra, e la forza trascinatrice che può trasformare il mondo? Non è colpevole soltanto chi deliberatamente sfigura la verità, ma lo è altrettanto chi, per timore di non apparire completo e moderno, la tradisce con l'ambiguità del suo atteggiamento.
Giovanni Paolo II,
Voglio esortarvi oggi (...) a riaffermare con coraggio e con impegno la vostra fede; a custodirla nel cuore; a professarla, senza timore e senza debolezza, pubblicamente con la parola, con l’esempio, sempre in radicale coerenza con le esigenze, talvolta dure, della concezione cristiana. “II fedele - ci avverte sant’Agostino - non creda semplicemente col cuore, mentre per il timore impedisce alle labbra di annunziare ciò che crede. Ci sono dei cristiani che hanno la fede nel cuore..., ma temono di professarla con le labbra, quasi proibiscono alle loro labbra di far risonare ciò che sanno, ciò che hanno dentro... Dicano dunque le labbra ciò che ha il cuore: questo contro il timore.