Canoa d’argento a Parigi, nel ricordo di un amico: “Abbiamo remato con Filippo”
di Giampaolo Mattei
Fin da bambino Filippo Mondelli sognava le Olimpiadi, remando in canoa nel suo lago di Como. Si era qualificato per Tokyo nel quattro di coppia ma un tumore osseo lo ha portato via il 29 aprile 2021, quasi alla vigilia dei Giochi. Aveva 26 anni.
Memoria e fraternità sono parte del canottaggio, sport di umile e condivisa fatica. Proprio con questo stile ieri Elisa, sorella minore di Filippo, ha vogato a Parigi nella gara dell’otto, conquistando la finale che si svolgerà domani. “Lo avevo promesso a mio fratello nel momento più acuto della malattia e oggi sono alle Olimpiadi anche e soprattutto per lui - racconta Elisa - Anzi: sono a Parigi con&苍产蝉辫;贵颈濒颈辫辫辞”.
Sì, “con”: lo dichiarano senza mezzi termini — i canottieri sono atleti particolarmente concreti — anche gli storici compagni di squadra di Filippo che mercoledì hanno vinto la medaglia d’argento olimpica. Era (è) la barca di Filippo, l’equipaggio con il quale aveva vinto anche il Mondiale nel 2018. Senza cedere alla retorica Giacomo Gentili, Andrea Panizza, Luca Rambaldi e Luca Chiumento considerano il loro amico sempre parte del team: “Qui ai Giochi abbiamo remato in 5”. Sono saliti sul podio con la bandiera italiana che Filippo teneva sempre con sé. “Ce l’hanno portata qui, a Parigi, i suoi genitori” confidano. Ai Giochi di Tokyo erano arrivati quinti per un colpo di remo riuscito male. “Abbiamo atteso tre anni per vincere la medaglia olimpica da dedicare a Filippo: ci siamo allenati duramente in un percorso condiviso con le nostre famiglie”.
Elisa ha seguito la gara degli amici del fratello come se il fratello fosse in canoa e dice: “Tutti volevano bene a Filippo, era stimato non solo come atleta”. Lo confermano il presidente della Federazione italiana canottaggio Giuseppe Abbagnale (una leggenda) “Era diventato un leader suo malgrado, sapeva dare l’esempio costruendo se stesso mattone dopo mattone”; e il presidente del Comitato olimpico italiano, Giovanni Malagò: “Pochi giorni prima di morire Filippo risultò il più votato tra gli atleti per rappresentarli nel consiglio del Coni”. A quell’assemblea elettiva Filippo non c’era per l’accelerazione del male, nonostante le cure specialistiche all’Istituto Rizzoli di Bologna.
E sempre tra memoria e fraternità le Fiamme Gialle — il gruppo sportivo di Filippo, di Elisa e dei quattro atleti che hanno vinto l’argento — ripropongono la testimonianza di quest’uomo di sport coi fatti, sostenendo le persone ricoverate nell’Istituto bolognese e anche con un concorso per atleti studenti. Per dire che nello sport, e nella vita, nessuno rema mai da solo.
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