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In Somalia conflitti e siccità, un popolo allo stremo

Mentre il presidente somalo annuncia il ritiro entro giugno di 2 mila truppe della Missione della Transizione dell'Unione africana in Somalia (ATMIS), il Paese del Corno d'Africa continua ad essere devastato dagli attentati delle milizie di al-Shaabab e da un'atavica instabilità politica con conseguenze drammatiche a livello economico. L'impegno della fondazione Coopi cerca di sostenere in particolare le donne in attività legate ad agricoltura, allevamento e istruzione

Antonella Palermo - Città del Vaticano

La Somalia è una regione del Corno d'Africa dove sembra si sia accanita una molteplice sventura e, se non fosse per l'aiuto umanitario fornito da alcune organizzazioni internazionali, ciò che resta della popolazione finirebbe ancora di più per scomparire da memorie, attenzioni, progetti. Chi può essere attratto da terre ridotte al caos politico da decenni e in uno stato di aridità tale che i volti delle persone paiono carta stropicciata? In quelle pieghe arriva la vicinanza di chi dà cibo, un riparo temporaneo, acqua potabile. Lo fa la Fondazione Coopi, creata da padre Vincenzo Barbieri a metà anni Sessanta. In Somalia è presente in maniera non continuativa dagli anni Ottanta, stabilmente dal 1992.

Uscire dalla fame, la speranza della Somalia (ph. di Marco Paolmbi)
Uscire dalla fame, la speranza della Somalia (ph. di Marco Paolmbi)

Lotte intestine, missioni internazionali fallite, infiltrazioni al-Shabaab

Contesa da Italia, Gran Bretagna, Francia, la Somalia non è mai riuscita ad avere una struttura governativa stabile. Dal 1988 la guerra civile, l’inizio di un periodo drammatico in cui la Somalia finì sotto il controllo di decine di signori della guerra che finanziavano le proprie milizie attraverso i saccheggi, i rapimenti, il mercato nero, il traffico illegale di armi e di droga, l’assistenza estera (Paesi arabi ed Etiopia) e le rimesse, frutto della diaspora somala. La fragilità della nazione si acuiva sempre più. Le lotte tra leader di fazioni rivali nel sud provocarono la morte e lo spostamento di migliaia di somali e ridussero la popolazione alla fame. Nel 1992, in risposta al caos politico e al disastro umanitario le Nazioni Unite inviarono la missione UNOSOM con l'obiettivo di creare un margine di sicurezza per l’invio di aiuti ai civili. Di fatto, la missione fallì. La crisi multidimensionale, insieme all’inesistenza di controlli alle frontiere e al traffico illecito di armi, hanno creato il terreno fertile per la nascita di veri e propri campi di addestramento per le milizie jihadiste. I militanti di al-Shabaab hanno reiterato violenti attacchi soprattutto nel sud e nel centro del Paese. Al-Shabaab (in arabo “gioventù”) già nel 2005 ha cominciato a istituzionalizzarsi nell'ambito delle Corti Islamiche, sotto il nome di Hizb al-Shabab (partito dei giovani), rappresentandone l’avanguardia, soprattutto da un punto di vista militare. Molti dei suoi leader sono ex appartenenti all’esercito nazionale somalo. 

Entro giugno 2023 truppe dell'ATMIS lasceranno il Paese

Il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha annunciato una "guerra totale" contro Al Shabab nell'agosto del 2022 e da allora l'esercito somalo, sostenuto dall'ATMIS (Missione di Transizione dell'Unione Africana in Somalia), ha condotto intense offensive contro i terroristi, talvolta con l'assistenza militare statunitense. L'ATMIS - che conta circa 20.000 soldati, per lo più provenienti da Uganda, Burundi, Kenya, Gibuti ed Etiopia - nel marzo 2022 ha sostituito l'AMISOM, la missione dell'Unione Africana dispiegata in Somalia dal 2007. È notizia dell'8 giugno la conferma da parte del governo somalo che duemila uomini dell'ATMIS lasceranno il Paese e trasferiranno le loro responsabilità all'esercito somalo entro la fine di giugno 2023, una mossa già annunciata lo scorso aprile. Il piano per un graduale ritiro militare dalla missione, approvato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, prevede una strategia di uscita dal Paese entro la fine del 2024. 

Insieme, unendo gli sforzi, si può arginare la povertà
Insieme, unendo gli sforzi, si può arginare la povertà

La produzione agricola e l'allevamento è in ginocchio

Resta comunque altissimo il livello della tensione dei conflitti stratificati in Somalia. Sempre di questi giorni la denuncia da parte del presidente ugandese di almeno 54 soldati delle forze di pace dell'Unione Africana uccisi nell'attacco sferrato dal gruppo terroristico jihadista Al-Shaabab il 26 maggio scorso contro la loro base in Somalia. "Il governo ha iniziato nell'ultimo periodo una offensiva militare in varie zone del Paese per riuscire a riprendere il controllo territoriale cacciando o escludendo la componente di al-Shabaab", spiega Paolo Fattori, responsabile dell'Africa orientale per Coopi. "Ciò implica che le persone fuggono e vengono rilocate in campi provvisori. Ne deriva anche una generale messa a rischio agricola e dell'allevamento". La situazione umanitaria, già di per sé complessa, è resa più grave dai conflitti e dalle conseguenze devastanti di un cambiamento climatico in atto che ormai "investe il triangolo Somalia, Kenia ed Etiopia. Sei stagioni della pioggia fallite o parzialmente fallite hanno generato una crisi idrica per la coltivazione dei campi e per la vita quotidiana delle persone", racconta Fattori. 

Ascolta l'intervista a Paolo Fattori
Gli sforzi di Coopi per garantire un minimo di agricoltura di sussistenza
Gli sforzi di Coopi per garantire un minimo di agricoltura di sussistenza

L'aiuto di Coopi per l'emergenza e per la resilienza

Coopi ha tre uffici in Somalia: uno a Mogadiscio, uno a Doolow e un terzo in Baidoa. Vi operano 82 operatori locali e 6 senior espatriati. "Noi forniamo supporti sia alle risposte emergenziali sia per rafforzare la resilienza. Kit e alloggi come temporanea protezione. Cibo. Acqua potabile. Nel medio lungo termine aiutiamo le persone a tornare nei luoghi di origine. Costruiamo pozzi e dighe per creare invasi e contenere l'acqua piovana", prosegue Fattori. "Uno dei dibattiti con le autorità locali è come smobilitare i campi semipermanenti che peraltro aggravano ulteriormente la situazione urbana. L'altro aspetto è aiutare queste persone a sviluppare strumenti per migliorare la produzione e a prepararsi a eventuali disastri". È necessario creare infrastrutture. Poi c'è la formazione al lavoro, il tentativo di creare micro imprese". Waseem Solangi è capo missione in Somalia dove si reca mensilmente, da Nairobi in Kenia, dove è basato lo stesso Fattori. "Quando sono stato al confine con la Somalia, ho visto una madre che prima della siccità aveva 600 capre. Dall’inizio del 2022 - racconta - è rimasta solo con 40 capre. Ne ha date 20 a suo figlio e ha attraversato 15 chilometri guadando al fiume. Noi li aiutiamo nell’allevamento e facciamo anche capire loro il valore di questi beni".

Salvare gli animali (ph. di Marco Palombi)
Salvare gli animali (ph. di Marco Palombi)

La vulnerabilità di donne e bambini

"La situazione è veramente difficile - continua Solangi - a causa dei conflitti viene spezzata l’unità familiare e quella comunitaria. L’assenza di un apparato legislativo ha penalizzato maggiormente donne e bambini che restano i più vulnerabili". Il capo missione spiega che all'origine di tutti i problemi c'è la siccità. Racconta di come una madre con sette figli è costretta a camminare per più di venti giorni per raggiungere una città più grande dai villaggi remoti. Lo fanno anche donne in gravidanza, ce ne sono 380mila di donne incinte e non vedono speranze. "Vediamo ogni giorno bambini e donne arrivare nei centri sanitari. Quattro mesi fa abbiamo visto una donna che da un piccolo villaggio è arrivata in un campo a Baidoa. Non aveva nulla. Grazie a un piccolo supporto di Coopi e altri partner è riuscita ad aprire una piccola pasticceria. In quattro, cinque mesi ha migliorato le sue condizioni di vita e ora lei sta aiutando i suoi figli". Solangi sottolinea che ci sono molti ambienti familiari composti solo da madri sole, che peraltro soffrono di discriminazione, non riescono a trovare un lavoro soprattutto nelle aziende agricole, meno che meno come imprenditrici. "Le ragazze che vengono mandate a cercare acqua hanno le stesse difficoltà, i bambini soffrono e anche loro devono spostarsi per andare a scuola". Questo è un altro dei tasti dolenti: il 76% della popolazione somala sopra i 15 anni è analfabeta.

Gli operatori Coopi ascoltano le donne somale
Gli operatori Coopi ascoltano le donne somale

Dove attingere per garantire un sostegno a chi non ha nulla?

Piccoli passi per intravedere spiragli di vita dignitosa li compiono gli operatori di Coopi insieme alle persone che vivono nei campi di sfollati: "Qui ho visto il frutto di alcune attività finanziate dall'Unione europea", riprende Fattori, che accenna a come ci si adopera per garantire pane, un forno, mettere in moto piccoli negozi. C'è poi tutto l'aspetto che riguarda le competenze per la gestione finanziaria "che la popolazione somala non ha" per creare piccoli commerci. Solangi fa alcuni esempi di progetti messi su grazie al modello Village Savings and Loan Association (VSLA) che crea gruppi di risparmio autogestiti e autocapitalizzati che utilizzano i risparmi dei membri per prestiti reciproci. Sono diffusi nelle baraccopoli urbane e nelle aree rurali remote, in 77 Paesi con oltre 20 milioni di partecipanti attivi in ??tutto il mondo. "Il 70% è composto da donne", precisa Solangi, che parla di donne ridotte in uno stato di completo abbandono, senza nessun risparmio o proprietà, che grazie a questo sistema hanno potuto accedere a un corso di formazione, a documenti e strumenti per un lavoro. "Quest’anno abbiamo avuto solo il 15 del sostegno perché i donatori fanno fatica a sostenere economicamente i nostri progetti - conclude - dobbiamo trovare milioni e milioni di dollari".

La formazione come leva principale di sviluppo
La formazione come leva principale di sviluppo

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10 giugno 2023, 10:09