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Giuseppe "Pippo" Corigliano Giuseppe "Pippo" Corigliano  (GAL13)

Giuseppe “Pippo” Corigliano, la passione di conoscere l’altro

Su L'Osservatore Romano un ricordo dello storico portavoce dell'Opus Dei, morto sabato scorso a Roma all’età di 82 anni. Giornalista, scrittore, ingegnere, amico di Josemaría Escrivá de Balaguer, dal 1970 al 2011 diresse l’Ufficio informazioni della Prelatura personale. I funerali saranno celebrati domani nella basilica romana di Sant’Eugenio dal moderatore generale monsignor Fernando Ocáriz Bra?a

di Carlo De Marchi

quando ero liceale. Gli davamo del lei con un certo rispetto e per noi era l’ingegner Corigliano ma subito mi affascinò perché incoraggiava a intraprendere studi umanistici e non a imitarlo in quelli di ingegneria. «C’è un mondo intero da conoscere, da amare, se possibile da migliorare: a questo servono gli studi umanistici», disse in un memorabile incontro che fu per me decisivo. Noi liceali facevamo i giornalisti e avevamo creato a Milano una testata che si chiamava “Pigreco” e che coinvolgeva studenti di tante scuole diverse. Pippo si entusiasmò e ci portò a incontrare il suo caro amico Indro Montanelli. Fu un pomeriggio indimenticabile, nell’ufficio del direttore, una conversazione di quattro adolescenti con il grande maestro toscano, davanti alla macchina per scrivere “Lettera 22”. Un’altra volta, a Roma, ci portò a casa di Paolo Frajese, che vedevamo ogni sera al Tg1; il giorno prima aveva organizzato una chiacchierata sulla Formula 1 con Marco Franzelli.

Giuseppe “Pippo” Corigliano era appassionato di educazione: aveva una generosità inesauribile nel dedicarsi ad ascoltare e aiutare un giovane che chiedeva consiglio e orientamento. Ed era appassionato di comunicazione ma non dal punto di vista sociologico: comunicava con passione perché gli interessava entrare in relazione con chi aveva davanti. Per tanti decenni si è occupato di comunicazione senza complessi e con il desiderio sincero di parlare e di ascoltare. Pippo non aveva paura di parlare con chi incontrava perché credeva che ci potesse essere un terreno comune dove era possibile capirsi. Per questo nella vita ha avuto innumerevoli amici, tra i comunicatori e tra persone di ogni tipo, che a centinaia in queste ore stanno esprimendo gratitudine per averlo incontrato a un certo punto della loro vita. Amava raccontare con passione l’avventura della sua vita ma nel contempo era capace di appassionarsi anche di cose nuove. Una decina di anni fa, per il compleanno di un amico comune, partecipò a un video celebrativo nel quale ballò battendo le mani al ritmo di Because I’m happy di Pharrell Williams. Anni prima aveva ballato al ritmo dei The Blues Brothers (che rivedeva con regolarità), cantato le canzoni di Renzo Arbore, e non ha mai smesso di canticchiare canzoni napoletane. Una volta ricordo di aver notato che Pippo canticchiava sottovoce anche mentre lavorava, tra una riunione e l’altra, aspettando che la stampante si accendesse o spostandosi da una stanza a quella accanto.

Ricordo di aver pensato al cardinale Luciani che, prima di diventare Papa Giovanni Paolo I , aveva scritto: «Là, nel bel mezzo della strada, in ufficio, in fabbrica, ci si fa santi, a patto che si svolga il proprio dovere con competenza, per amor di Dio e lietamente in modo che il lavoro quotidiano diventi non il tragico quotidiano, ma quasi il sorriso quotidiano». Il riferimento esplicito di queste parole di Luciani era al fondatore dell’Opus Dei. In effetti Pippo parlava di san Josemaría Escrivá come del più grande amico che aveva incontrato nella vita (ne è prova uno dei suoi libri più belli, Il cammino di san Josemaría). Diceva di avere imparato da lui ad amare appassionatamente il mondo, a sorridere e a ricominciare tante volte, senza prendere troppo sul serio sbagli e fallimenti.

Pippo era appassionato di Napoli (dov’era nato) e forse ancor più di Capri. Diceva che l’isola è una “prova generale” del Paradiso che per lui non poteva essere privo del mare dove fare lunghe nuotate, con la sua elegante bracciata lenta e infaticabile. Parlava di sant’Alfonso Maria de’ Liguori come se fosse un amico di infanzia. Amava Napoli ma apprezzava tanti altri posti in giro per l’Italia, dove aveva amici cari sempre in agguato per invitarlo a cena. Amava perfino Milano dove aveva abitato negli anni ’70: una sera invernale, a fine anni ’80, i miei genitori lo incontrarono per strada e lo invitarono a cena così all’ultimo momento che finimmo per mangiare quello che c’era in frigo. Per tanti anni Pippo elogiò il formaggio che si mangia a casa nostra, con tanto affetto che quasi ci credevamo.

L’estate scorsa vicino a Palermo eravamo stati insieme a cena da una famiglia di suoi amici di sempre. Mi colpì vederlo un po’ stanco, anche se sapevo delle operazioni al cuore che aveva avuto negli ultimi anni. Sabato il suo grande cuore stanco ha smesso di battere. Pippo amava citare san Filippo Neri, che preferiva il Paradiso. E diceva che il Paradiso comincia in terra, ed è l’amicizia: è accorgersi che «gli altri sono più importanti di me» e che «ognuno, me compreso, è guardato con infinito affetto da Dio Padre». Che aspetta alla fine del cammino con un sorriso.

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10 giugno 2024, 16:46