Palermo: un Bambinello nero donato da migranti dello Sri Lanka
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Il Bambinello nero è stato posto in un barcone dove è stata allestita la Natività. Dopo un breve momento di preghiera, è partita una processione sul mare fino al porto di Palermo. Il Gesù Bambino è stato portato, ancora sui mezzi della Guardia Costiera, da mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma, presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei, e dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che durante il tragitto hanno lanciato in mare una corona di fiori per ricordare le vittime di tutti i naufragi.
Mons. Di Tora: la necessità dell'integrazione
"Siamo tutti figli di Dio e vogliamo costruire un mondo di eguaglianza, un mondo in cui ci sia veramente posto per tutti - ha detto mons. Di Tora -. Oggi si fugge per molte ragioni, ci sono quelle della guerra, ma anche quelle della fame e della siccità. L’arrivo in un altro posto, però, deve rappresentare un nuovo inizio, deve portare all’integrazione. Le varie culture e realtà del mondo non sono che tanti modi di rappresentare la stessa cosa: una famiglia unita». Palermo, ha aggiunto il presule è "un luogo che spesso rappresenta il primo approdo per molte persone, un luogo quindi di grande speranza, quello che per primo viene avvistato da lontano, ancora in mare".
Creare un mondo al di là del colore della pelle e delle culture
Ad accogliere il Bambinello al porto sono state le sirene delle navi e del Cantiere navale, insieme a danze tradizionali tamil e siciliane. Infine, il Bambino Gesù è arrivato alla chiesa di Sant’Ignazio Martire all’Olivella dove ha trovato posto nel ‘Presepe dei Migranti’ dentro una piccola barca, dedicato all’accoglienza, in memoria del piccolo Aylan Kurdi e di tutte le vittime delle traversate. All'ingresso della chiesa hanno raccontato le loro storie alcuni migranti oggi pienamente integrati nel capoluogo siciliano. "Anche il Signore è stato un migrante che ha dovuto lasciare la propria terra, la Palestina, per andare in Egitto, perché c'era un Erode che lo perseguitava e voleva ucciderlo - ha ricordato mons. Di Tora -. Purtroppo oggi ci sono tanti Erode in forme diverse, dallo schiavismo allo sfruttamento, dimensioni che devono farci prendere coscienza della situazione e che devono farci reagire. Creiamo un mondo diverso, che vada al di là del colore della pelle, delle culture, dove tutti possano sentirsi accolti».
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